Oppenheimer inaugura ufficialmente l’era della quanxiety
Il film di Nolan palesa più gli incubi del regista che del protagonista: l’ansia della fisica quantistica ha tutte le caratteristiche per diventare generazionale.
I film di Nolan non sono semplici da seguire, sia per temi trattati che per il prodotto di intensità e velocità delle sue trattazioni — nella vecchia fisica classica, l’avremmo chiamata quantità di moto). Ma sono anche gli unici che valga davvero la pena vedere nel XXI secolo. Il suo genio si sottrae alle logiche di riposizionamento prodotto à la Barbie, si rifiuta di piegarsi alla narrazione tossica della vendetta tarantiniana, e punta dritto al punto della questione, all’origine di tutti i mali (ok, e di tutti di beni): la fisica quantistica.
Una pièce in quattro movimenti verso la quanxiety
Il suo film su Oppenheimer è l’ultimo atto di questa pièce composta da quattro movimenti (Inception, Interstellar, Tenet e Oppenheimer, appunto): una performance a ritroso nelle sue ossessioni, che rispetto a Tenet può usare la figura di un grande fisico — e del corollario di quasi tutti i più grandi che lo contornano — per scavare nella sua mente, e percolare nuove paure da aggiungere al catalogo del suo pubblico più sensibile, e consapevole. Che finora è solo una parte, forse piccola, della audience variegata di questo grande film che è anche un…