L’Arabia che è in noi — e in Roberto Mancini

Filippo Lubrano
4 min readAug 15, 2023
Mancini, Vialli, e i valori.

Sono stato in Arabia Saudita una sola volta, a Jeddah, l’aeroporto principale da cui si accede alla Mecca, poco meno di una decina di anni fa.
Appena atterrato, fui trattenuto per un interrogatorio di più di un’ora quando sbarrai la casella ‘ateo’ nel modulo d’ingresso in aeroporto al campo ‘religione’. Tutte le donne che ‘vidi’ erano completamente schermate dall’abaya, il vestito nero musulmano che scopre solo gli occhi, e mai sole.
Ad onor del vero, quell’Arabia era un Paese leggermente diverso da quello di oggi: prima si poteva andare solo con un visto d’affari — ora anche turistico -, e le donne da qualche anno possono guidare le automobili (wow). Ma al di là delle questioni di facciata, il Paese è rimasto lo stesso, guidato dai petrodollari, dalla faccia peggiore del capitalismo e dell’autoritarismo, come testimonia il delitto del giornalista Khashoggi.
Ma anche sottacendo il lato etico e politico, l’Arabia è un luogo estremamente inospitale per una persona occidentale — e mi verrebbe da dire per qualsiasi essere umano — e non solo per le evidenti complicazioni di vivere in un deserto dove la temperatura supera spesso i 50 gradi centigradi. L’Arabia è un Paese dove essere donna è un’esperienza quotidianamente umiliante e penalizzante, dove essere di orientamento sessuale diverso da etero è estremamente pericoloso, dove i diritti fondamentali degli uomini e delle donne sono regolarmente…

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Filippo Lubrano

Innovation and Internationalization Consultant, Journalist, Writer (Cybersec, Asia, Poetry)